Mjesec hrvatske knjige 2024.
Vrijeme:
Vladimir VIDRIĆ (1875-1909)
DUE PAESAGGI, I
(Dva pejzaža, I.)
Nell’erba s’inalbano i fiori
e ronzano dorate le api
dietro quegli alberi ombrosi
biancheggiano dense le nubi.
E s’inazzurra il cielo più alto
quiete ove le rondini volano;
sotto il colle, dai rossi tetti
la squilla suona meridiana.
E più in là, a questi tetti appresso
il campo dorato si stende
ondulato, quieto, e silente
da un poggio all’altro si protende.
Antun Branko ŠIMIĆ (1898-1925)
IO E LA MORTE
(Smrt i ja)
La morte non è fuori di me. E in me
dal primissimo inizio: e insieme a me cresce
ad ogni istante
Un giorno
mi fermo
e lei cresce ancora
in me, fino a che non mi supera
e giunge al mio margine. La mia fine
e il suo vero principio:
quando regna avanti sola
ARIA PESANTE
(Teški zrak)
Oh dove si va quest’oggi?
Entra nella stanza mia madre
si siede
e mi fissa con uno sguardo muto
Lascio il libro, esco dalla casa
Sul margine del campo tra gli alberi neri
rosso morto impiccato il sole
Mi fermo in mezzo alla strada
e grido
con tutte le mie forze
IL CIELO VUOTO
(Prazno nebo)
E questo cielo gia da tempo un vuoto
senza dio e serafini,
infinito deserto grigio dove
talvolta nuota, pauroso uccello, l’aeroplano.
Non più le anime s’alzano come rondini.
L’uomo in terra s’adagia e dissolve.
Di dio perdemmo le strade.
Davanti al nulla, i poeti tacciono.
I POETI
(Pjesnici)
I poeti sono un incanto della terra
Essi vanno per il mondo e i loro occhi
grandi e muti crescono accanto alle cose
Adagiando l’orecchio
al silenzio che li circonda e affligge
i poeti sono l’eterno tremolio della terra
ERZEGOVINA
(Hercegovina)
Sotto le stelle si sono adagiati i monti
e per il campo le basse case sparse
Dal buio azzurro sporgono gli alberi
Sulla strada non c’e più nessuno
La strada si arresta
con il capo sommerso nel buio della valle muta
Non si muoveranno gli alberi nella notte
Soltanto per il cielo lento e senza rumore il cammino delle stelle
L’INVERNO
(Zima)
L’amore ha travagliato la mia anima
La mia anima e ammalata
e sogna
Non svegliatela: ogni pensiero duole
La mia anima e un oscuro lago nudo
in un giorno bianco e freddo
Non volano sopra l’acqua i bianchi gabbiani
Non mormorano sotto il cielo le nubi azzurre
Oh come tutto giace
irrigidito aspro bianco!
Sulle case vicine e caduto il cielo
Adagiato sulle case il cielo sogna
Lasciate che oggi tutto stia fermo e sogni
Oggi ogni movimento duole
Tin UJEVIĆ (1891-1955)
* * *
Benedetto mattino che scendi
con flutto di luce nella stanza,
non puoi recarmi ferite ormai;
nella mia tomba io riposo inerte.
Ma forse saprai riattizzare
la brace da cenere coperta,
poiché, ecco, lo stanco petto allarghi
al sole, ai lilla tanto bramati.
Mi porgi alcune tiepide gioie
quando al tuo raggio guardo i volumi
sullo scaffale, il tetro orizzonte
della stanza ricolma d’affanni.
Qualche cosa mi manca comunque
nella cella senza il crocefisso:
sull’amato labbro un bel sorriso,
nel vaso d’acqua un mazzo di fiori.
Benedetto mattino che scendi
con fascio di luce nella stanza,
non puoi recarmi la morte ormai;
ma rendi l’amore a questo Giobbe.
(Blaženo jutro koje padaš)
Gustav KRKLEC (1899-1977)
VIA ARGENTEA
(Srebrna cesta)
1
Io non so chi sei? Ascolta, buon compagno,
quando scende la sera sul tuo tetto,
nel buio la civetta appare e il gufo
geme, e le nubi come stormi vanno
sulle torri delle citta e i paesi -
vai nella notte... Le rose selvatiche
ti inebrieranno. Il pruno fiorira,
schiudera gemme la ninfea sull’acqua.
Esci... vai... La un velo argenteo cadra
sull’estranea via, ove ti porta il cuore.
2
Tu da te stesso sai che mondi rechi
in te, e che in fondo all’anima risplende
una quantita di stelle, gli abissi
crollano e - se vuoi - la tempesta affronti
con la tempesta, che nel polso sibila.
Nella notte esci. Sara l’usignolo
nel nero cespuglio. Sara l’usignolo
nel nero cespuglio. Sara la fonte.
Sul tuo capo ardera una bianca stella.
E, se gia vuoi, poi tu per un momento
vedrai dio che ti scorta sul sentiero.
3
Non credere alla notte, alla tempesta
che straccia la tua volonta. Calpesta
la lucertola sulla via e la serpe,
e sii come il viandante che si affretta
nella lontana steppa alla verde oasi.
Vai nella notte... Le rose selvatiche
ti inebrieranno. Il pruno fiorira,
schiudera gemme la ninfea sull’acqua.
Vai, compagno... Un velo argenteo cadra
sull’estranea via, ove ti porta il cuore.
Dobriša Cesarić (1902-1980)
L’AUTUNNO PIANO SUSSURRA E PIÙ PIANO
(Tiho, o tiho govori mi jesen)
L’autunno piano sussurra e più piano:
di foglie al fruscio, di stille al brusio.
Ma al cuore il verno sussurra più piano.
E quando nevica e scende la sera
e ormai dei fiocchi la quiete più vera.
Vesna Parun (1922)
TU CHE HAI PIÙ CASTE DELLE MIE LE MANI
(Ti koja imaš nevinije ruke)
Tu che hai più caste delle mie le mani
e che sei saggia quale e l’incoscienza.
Tu che leggere sai sopra la fronte
sua, meglio di me, sua la solitudine,
e che allontanando vai le lente ombre
del dubbio dal suo volto come il vento
primaverile più allontana le ombre
delle nubi che nuotano sul colle.
Se l’abbraccio tuo rianima il cuore
e rattengono gli affanni i tuoi fianchi,
se e il tuo nome sollievo
ai suoi pensieri, e il collo
refrigerio al giaciglio,
e la notte della tua voce l’orto
ancor sempre alle tempeste inviolato.
Restagli, allora, accanto
e più devota sii delle altre tutte
che innanzi a te l’amarono.
Paura abbi degli echi che avvicinano
gli incolpevoli letti dell’amore.
E dolce sii al suo sonno,
sotto il monte invisibile
sull’abisso di un oceano che geme.
Passeggia la sua spiaggia. Che ti incontrino
gli attristati delfini.
Vaga il suo bosco. Le amiche lucertole
non ti faranno male.
E i serpenti assetati che io ammansii
dinanzi a te diverranno servili.
Gli uccelli per te cantino che strinsi
nelle notti dei penetranti geli.
Ti accarezzi il bambino che protessi
dal fantasma su una via desolata.
Per te profumi il fiore che cospersi
delle mie lacrime.
Io non il più bel tempo attesi della
or sua virilita. La sua ricchezza
non in quel senso accolsi
che gli sguardi desolarono dei
mandriani nei mercati
e d’avidi predoni.
Io giammai condurrň per mano i figli
suoi. E le novelle
che per loro da gran tempo approntai
piangendo forse sfogherň con piccoli
e poveri orsi
abbandonati in una nera selva.
Tu che hai più caste delle mie le mani,
dolce tu sii al suo sonno
che semplice rimase.
Ma solo lascia io veda
il suo volto allorché su esso verranno
a discendere gli anni sconosciuti.
E qualcosa di lui dimmi talvolta,
sí che non debba chiedere gli estranei
che di me si stupiscono, e i vicini
che compiangono la mia carita.
Tu che hai più caste delle mie le mani,
resta al guanciale accanto
e dolce sii al suo sonno.
Josip PUPAČIĆ (1928-1970)
MARE
(More)
e guardo il mare a me si solleva
e ascolto il mare buonmattino dice
e il mare ascolta quando gli sussurro
o buonmattino mare dico piano
e ancor più piano ripeto il saluto
e il mare ascolta poi il mare ride
poi tace e ride poi si solleva
e guardo il mare e guardo il mare caro
e guardo il mare che a me si solleva
e buonmattino dico mare caro
e buonmattino il mare il mare dice
e poi il mare mi abbraccia intorno al collo
e il mare ed io ed io col mare caro
sediamo insieme sulla spiaggia e il colle
e ridiamo e ridiamo al nostro mare
Prepjev - traduzione:
Ugo Vesselizza, Pula (Pola)
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